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Un viaggio di 20.000 Kilometri in treno negli USA

 

 

 

Parte 7

Oltre all'impianto di Napa Valley ho avuto occasione di vedere quello del Diablo Valley Railroad Club: impressionante per le dimensioni e per i dettagli. L'impianto si trova in uno stabile dedicato delle dimensioni di una nostra palestra!. Il quadro di comando si trova al I piano, dove e' possibile vedere solo una parte del plastico, per cui i treni si seguono su di un pannello sinottico luminoso posto sulla parte di fronte (grande quasi quanto la parete di fronte).
Il giorno successivo (domenica 19/7/98) sono stato molto cortesemente, accompagnato a vedere il Museo Ferroviario Nazionale di Sacramento. Nella capitale della California un intero quartiere e' stato ricostruito in modo da ottenere l'aspetto che doveva presentare negli anni intorno al 1860, quando inizio' la costruzione della prima transcontinentale ad opera della Central Pacific (e di migliaia di lavoratori cinesi), il cui ramo occidentale parti' proprio da Sacramento, che, fino al completamento della ferrovia, rimase comunque il punto di arrivo del Pony Express. Su di uno slargo nella Old Sacramento sono esposti alcuni rotabili "storici", fra i quali spicca per dimensione e colore una F unit della Santa Fe il livrea "berretto di guerra", rosso, giallo ed argento. Poco discosto uno switcher a vapore della Union Pacific scarrozza per qualche chilometro lungo gli argini del fiume Sacramento i turisti e si offre agli scatti dei "voraci" feramatori sulla piattaforma girevole del museo. Quello che e' contenuto all'interno del museo e' ... impressionante: una cab forward della Southern Pacific, una Pacific della stessa compagnia, carri e carrozze varie, oltre alla ricostruzione delle condizioni ambientali (roccia, ripide pareti) nelle quali prestarono la loro opera i lavoratori cinesi. Con riguardo tutto particolare ed in perfetto stile americano (stile dei record!) viene ricordata la posa di 10 miglia di binario avvenuta in un solo giorno, il 10 maggio 1869, pochi giorni prima del congiungimento della linea Central Pacific (a cui e' poi subentrata la Southern Pacific) con quella della Union Pacific, a Promontory, nello Utah. Uscito dal museo (aria condizionata ...) mi sono tuffato nella calura opprimente di un pomeriggio di luglio e sono stato accompagnato a Roseville, uno degli scali merci principali della SP, ora UP. Qui ho visto lunghe teorie di carri pronte ad iniziare il loro viaggio verso l'est e, quindi, la scalata al Donner Pass. A circa 3/4 della lunghezza dello scalo, verso est, un tiangolo connette lo scalo con la linea che si dirige a nord verso Duismuir, la linea cho conduce verso l'Oregon ed e' chiamata "cascade line", ovvero la ferrovia delle cascate (peccato che quando ci sono passato fosse notte fonda!). Quelle che invece non mi aspettavo di vedere a Roseville erano le attrezzature per la cura delle locomotive: impianto di rifornimento, sabbiere (e relative ... dune nelle vicinanze!), officina (shop) e impianto di riverniciatura, credo sempre al limite della capacita' operativa, viste le recenti acquisizioni dell'amministraione proprietaria (UP), che dal 1982 ha acquisito la Western Pacific, la Rio Grande, la Chicago & Northwestern e la Southern Pacific. Nei tempi d'oro del vapore vi era probabilmente il maggior concentramento di cab forward di tutta la SP, che venivano impiegate sulla linea del Donner Pass, costellata di tunnel.
Una "chicca" che difficilmente si trovera' su qualche rivista: ai tempi dei Cabooses, quelli in carico all'officina di Roseville non riportavano il nome dell'officina, ma il disegno di una rosa stilizzata sulla fiancata!
Nel tardo pomeriggio, dopo un "inseguimento" ad un manifest diretto verso nord sulla cascade line, ci siamo diretti verso il Donner Pass (in auto), attraversando localita' omniconosciute dagli appassioanti di "americano": Colfax, Cape Horn, Emigrant Gap, Norden e Truckee. Prima di arrivare a Colfax la ferrovia e' a doppio binario, ma i binari furono costruiti in tempi diversi, con pendenze piu' dolci riservate ai treni diretti ad est, per cui a volte puo' accadere (ed e' molto curioso) che in alcuni tratti i due binari si riavvicinino e danno allora l'impressione di essere una linea a doppio binario, ma la circolazione diventa in questo caso ... italiana: i treni, infatti, in quei tratti, fra Roseville e Colfax, viaggiano sul binario di sinistra! Arrivato comodamente dall'altra parte del Donner Pass in auto, prima di ritirarmi in albergo ho visto la stazione di Truckee, punto di riferimento per i mezzi spazzaneve che operano sul valico (il Donner Pass e' uno dei punti piu' nevosi di tutta la Sierra: non e' infrequente trovare d'inverno anche 5/6 metri neve). Al tempo del vapore era stata costruita una racchetta (si, proprio una racchetta, non un triangolo o una stella) per girare le locomotive helper, ora la racchetta viene mantenuta in esercizio per girare i mezzi spazzaneve e gli "snowspreaders" (alla lettera: divaricatori della neve).
plastico NAPA VALLEY
plastico DIABLO VALLEY:

 

Parte 8

Truckee si trova subito a valle del Donner Pass, sulle sponde del lago Donner e, come penso tutti gli europei che hanno occasione di recarsi in aree lontano dai luoghi abitati credano, la cosa sicuramente piu' bella e' il cielo di notte! La mattina successiva siamo tornati in auto sui nostri passi percorrendo pero' la vecchia statale del Donner Pass, non la "nuova" Interstate 80. La statale corre piu' vicino alla ferrovia, anche se i binari si allontanano, addentrandosi in una valle laterale (il posto e' conosciuto come la Stanford Curve, dal nome di uno dei "magnifici 4" fondatori della Central Pacific) un po' come succede a Fleres sulla linea del Brennero. Doveroso il "pellegrinaggio" a Norden, dove guardando verso est si nota l'ingresso, preceduto da una galleria paravalanghe in legno della galleria di valico (lunga circa 2 miglia). Nonostante l'ingresso della galleria paravalanghe sia a doppio binario, in realta' la linea e' a singolo binario, come pure la galleria: il binario a sinistra e' un siding! Ai tempi del vapore esisteva a Norden una piattaforma girevole completamente coperta da una costruzione in legno paravalanghe: ora non vi e' traccia. Intorno a mezzogiorno sono giunto a Colfax, dove ho tastato con mano un'altra curiosita' tipicamente jankee dell'esercizio ferroviario: su di un tronchino dello scalo erano parcheggiati dei carri cisterna bianchi con la scritta WATER a grandi lettere ... Ho pensato a dei mezzi antincendio, ma il clima della sierra, per quanto torrido, non credo richieda simili interventi: ne e' riprova la vegetazione lussureggiante. Interpellata la mia "guida", mi e' stato detto che sono carri tenuti sempre pieni di acqua che viene utilizzata per raffreddare, se necessario, i ceppi dei freni incandescenti dei convogli diretti ad ovest che terminano a Colfax la parte piu' ripida della discesa! Aspettando il mio California Zephir Eastbound, ho avuto l'occasione di vedere una delle rarissime apparizioni di un convoglio non UP (o Southern Pacific, o Rio Grande, o Cotton Belt) che transitano per il Donner Pass: un manifest della BNSF con in testa una AC4400W della General Electric, nuova di fabbrica (consegna aprile '98) nel nuovo schema di coloritura "heritage II", che assomiglia, ironia della sorte, allo schema del DAYLIGHT (il treno passeggeri in passato piu' prestigioso, ma gestito dalla concorrente Southern Pacific!). Il California Zephir arriva con circa 30 minuti di ritardo (avevo scommesso un ritardo maggiore!) e, una volta incarrozzato, mi godo il treno serpeggiare intorno a Cape Horn, Emigrant Gap, Yuba Pass sino su a Norden. La discesa sull'altro versante offre una stupenda vista panoramica del Donner Lake, prima di deviare verso la Stanford Curve. IL convoglio, trainato da una doppia di GE units, con il rinforzo (sempre in testa, comunque) di una B40W dell'AMTRAK, viaggia senza problemi sull'altipiano del Nevada, attraverso le citta' di Reno e Winnemucca. Se si guarda la cartina, si nota che il Donner Pass e' la via piu'diretta dalla California verso le ampie zone endoreiche del Nevada e dello Utah, ma non e' quella dal profilo altimetrico piu' favorevole: poco piu' a nord esiste un'altra via di transito: il Feather River Canjon. Le dure "trasversali" si ricongiungono proprio a Winnemucca. Prima delle mega fusioni degli anni '80 e'90, la linea del Feather River Canjon era posseduta dalla Western Pacific, mentre quella del Donner Pass dalla Southern Pacific. Ora appartengono entrambe alla UP!

 

Parte 9

Dai piedi della Sierra, in direzione est, la "Overland Route" della Southern Pacific attraversa la vasta (e desolatissima) regione della Great Basin, ovvero la vastissima (circa 600 miglia di viaggio!) zona endoreica pressoche' desertica del nord Nevada e dello Utah, sino a Salt Lake City. Fu proprio in questo tratto che i lavoratori (la maggior parte cinesi) della Central Pacific produssero il maggior sforzo, al fine di posare quanto piu' binario fosse possibile e far guadagnare, in tal modo, alla Central Pacific, la proprieta' dei terreni confinanti. Non inganni il colore uniforme che si trova sulle cartine geofrafiche oppure il nome anglosassone di Great Basin: la zona ha un profilo altimetrico alquanto tormentato, tanto che esistevano in passato ben 3 "helper district", ove i piu' lunghi convogli, oltre a richiedere un sussidio di forza motrice, venivano divisi in piu' sezioni. E' una delle zone "ferroviariamente parlando" piu' ricche di storia del paese: proprio nello Utah, a Promontory, venne posato l'ultimo tratto di binario della ferrovia transcontinentale. Impressionante e' il traffico su questa dorsale, in buona parte ancora a binario unico, soprattutto ad est di Winnmucca, dove confluisce la linea proveniente dal Feather River Canjon. Come al solito, il nostro convoglio Amtrak viene inserito in uno "stuolo" di treni merci viaggianti nella stessa direzione, quindi vi si adegua anche per velocita' e il traggitto viene coperto con un ritardo di circa 3 ore (rilevate la mattina presto passando per Salt Lake City). La qualita' di marcia e' migliore che su altre tratte, segno che il binario viene curato maggiormente che sulla transcontinentale di sud (la Sunset Route). Bellissimi i colori del tramonto nel deserto, in contrasto con le ombre dei rilievi ed il bianco delle distese di sale. La mattina successiva, dopo essere transitati per Salt Lake City, si imbocca la linea appartenuta alla Denver Rio Grande & Western, che segue il corso del Green River fino a Grand junction e del Colorado poi, sino ad arrivare alla linea spartiacque attraversa da ... sotto il Moffat Tunnel. Questa linea ferroviaria, appartenuta alla DRG&W, ora di proprieta', come tutta l'Overland Route, della UP, e' una delle piu' tortuose di tutti gli States: il tracciato serpeggia quasi sempre a fondovalle o si inerpica a mezza costa fra ripide pareti di rilievi da erosione, con multicolori roccie sedimentarie tagliate dalle acque nel corso dei secoli: sembra di essere in un Grand Canjon in "miniatura", ma l'impressione e' sempre comunque maestosa! Mano a mano si sale verso il Moffat Tunnel, il tempo peggiora e con esso anche il ritardo del nostro treno: mi viene spiegato che sotto la pioggia sono frequenti i piccoli smottamenti (sliding rocks) per cui si e' costretti a viaggiare a vista. Il Moffat tunnel, realizzato negli anni 20, ha parecchio accorciato (circa 25 miglia) il percorso verso Denver dalle localita' turistiche che si trovano sul versante del fiume Colorado (Aspen, Winter Park, Cold Springs, - che fantasia ste' americani!) e d'inverno la linea viene abitualmente percorsa da treni speciali). Denver e' ormai vicina, ma non ho evidentemente fatto i conti con il traffico della linea, il limitato numero di sidings (e' pur sempre una linea di montagna e, i tratti di doppio binario erano rari anche in pianura ...) e le condizioni metereologiche che peggiorano, per cui la discesa verso l'altipiano (con fantastica veduta dei ripidi versanti del Sapporo Canjon) avviene a passo d'uomo. Prima di arrivare sull'altipiano la ferrovia, allo sbocco della valle, compie due complete curve di 180 gradi per guadagnare quota: le curve sono due e la localita', probabilmente molto amata dai feramatori statunitensi (che forse esagerano, ma solo di tanto in tanto ...) viene chiama TEN CURVES! Misteri d'oltreoceano a parte, una curiosita' ed uno stupendo spunto modellistico mi sono arrivati dalla visione di una mezza dozzina di tramogge della DRG&W, poste all'interno della curva piu' alta, fuori dal binario e riempite di sabbia! Ho atteso circa 10 giorni per sapere cosa fossero!
Con un pizzico di sadismo rivolgo l'invito a tutti i pazienti lettori ad un tentativo di spiegazione!

 

Parte 10

OK, vedo che nessuno ha avanzato ipotesi sulla strana sistemazione di carri tramoggia pieni di sabbia all'interno di una delle "ten curves" sulla ex linea Denver Rio Grande & Western del Moffat Tunnel, appena fuori Denver. Del resto anch'io ho dovuto aspettare qualche giorno prima di saperlo ... Ebbene, alla fine della discesa dal Moffat Tunnel, si entra a Denver. Secondo l'orario Amtrak avrei dovuto arrivare a Denver (alla Union Station) intorno alle 7.30 di sera, ma verso la mezzanotte eravamo ancora fermi nello scalo merci. Il motivo della sosta nello scalo merci ci e' stato quasi subito svelato: alla stazione di Denver si accede con una manovra di ... regresso. I treni passeggeri diretti ad est si fermano nello scalo, ed invertono la marcia entrando in stazione con la coda, ovviamente dopo aver lasciato transitare sui binari adiacenti una mezza dozzina di "unit coal trains", che se ne sfilano a passo d'uomo (ma sono lungi anche 130/150 carri!) Arrivato in stazione a Denver, mi sono dovuto preoccupare di fare le prenotazioni per il giorno dopo (un attimo di panico: il treno per Chicago era dato per sold out, solo una telefonata al Supervisor di Amtrak mi ha levato dai casini ...) e, sistemata la prima rogna, ho dovuto cercare di sistemarne una seconda. Ero in contatto con una cara amica di Denver, che avrebbe dovuto ospitarmi per la notte, ma complice il grave ritardo accumulato, non me la sono sentita di tirarla giu' dal letto in piena notte, cosi' me ne sono andato in Downtown (a Denver la stazione e' davvero molto vicina al centro, ma e' inutile perche' vi partono due treni al giorno: uno diretto ad est ed uno diretto ad ovest. Durante la stagione invernale si puo' assistere a qualche corsa di treni speciali, ma in numero di 2/3 al giorno!). Nonostante tutto negli Stati Uniti le cose si risolvono (forse solo grazie alla mancia promessa al taxista) e sono riuscito a trovare un albergo...decente. Trascorsa una bella giornata nell'aria tersa di Denver, verso sera si e' scatenato il diluvio: black out dell'elettricita', strade allagate e quant'altro. Mi reco in stazione in tempo per il check in (circa alle 7 di sera) e trovo che tutto sommato si e' animata: sono almeno 200 i viaggiatori che partono insieme a me per la Wind City. Ma manca il ... treno! Ci viene spiegato (a questo punto del viaggio comincio a capire gli annunci al volo!) che l' EASTBOUND CALIFORNIA ZEPHIR e' stato fermato prima del Moffat Tunnel e verra' fatto precedere da alcuni treni merci, esistendo il serio pericolo di caduta massi. Una notte sulle panchine di legno della Union Station di Denver non e' certo quanto mi aspettassi da Denver (inserita nell'itinerario solo per un motivo ...) e mi ha un po' smorzato la poesia per il proseguio del viaggio. Intorno alle 5.30 di mattina arrivano le troupe delle TV locali per documentare la situazione, con tanto di interviste (anche a me!) di gente appena svegliata (o appena appisolata) che rispondeva in modo non proprio affabile! Da noi ci si lamenta quanto un treno ritarda di qualche quarto d'ora: in proporzione avremmo dovuto mettere in scena una sommossa popolare! Un po' intontito lascio Denver in treno la mattina presto (circa le 6.30) diretto verso Chicago. Il viaggio, sui binari della BNSF, e' abbastanza confortevole, come pure sembrano, dopo un prolungato contatto con il legno delle panchine del salone della Union Staion, le poltrone reclinabili della coach class. L'arrivo a Chicago e' previsto per le 15.00 del pomeriggio: a quell'ora non siamo ancora entrati nell'ILLINOIS! Si arriva a Chicago intorno alle 2 di notte e veniamo ricevuti nella Travel Lodge della Union Station di Chicago e rinfocillati (hot dogs e pepsi, lo raccomando a quell'ora). Faccio notare che dopo una notte passata sulle panchine della stazione di Denver e 12 ore di ritardo forse meritiamo di piu'. La mia vena polemica viene premiata perche' i viaggiatori piu' "caldi" vengono fatti accomodare in una saletta e smistati, a spese dell'Amtrak, in diversi alberghi di Chicago: sono fortunato e me ne capita uno sul lungolago che sicuramente e' costato all'Amtrak per una notte piu' dei 425 dollari del biglietto di tutto il mio viaggio!
E mi e' un po' ritornata la poesia per il viaggio ...

 

Parte 11

Ci eravamo lasciati a Chicago, dove ho gironzolato un giorno per la downtown e, alla fine, ho dovuto comprarmi una cartina per tornare alla Union Station (infatti, forse complice la stanchezza, ho avuto proprio a Chicago i problemi maggiori con l'inglese). Mi aspetta un viaggio decisamente lungo: da Chicago a Portland (a poche miglia dalla costa del Pacifico) sui binari ora della BNSF, in precedenza divisi fra Great Northern, Spokane Portland & Seattle e Northern Pacific. Queste ferrovie erano possedute da un unico magnate (Railroad titan lo definisce "trains"): James J. Hill (1838-1916), figura classica dell'americano che si e' fatto da se': da giovane lascio' il Wisconsin per addentrarsi nella giungla della Chicago di meta' ottocento e fiutare il business del nuovo mezzo di trasporto. Tutta questa chiaccchierata per arrivare al soprannome che gli affibiarono: Empire Builder (=costruttore di imperi - economici, ovviamente, stiamo parlando di statunitensi!). La stima verso questo personaggio (anche se i biografi dicono che alcune manovre non sono state fra le piu' chiare e corrette) e' sopravvissuta ai decenni ed il treno che collega Chicago con le sponde del Pacifico (e' infatti composto di due sezioni: una diretta a Portland ed una a Seattle che viaggiano agganciate sino a Spokane) e' chiamato EMPIRE BUILDER.
La citta' di Chicago si perde in una sterminata periferia, dove le carrozze Amtrak sono scosse periodicamente a causa dei numerosi attraversamenti a raso delle linee di cintura e delle altre linee che si diramano dalla metropoli. Fino a Milwakee si costeggia il lago Michigan (cosi' mi hanno detto, mi sono dovuto fidare anch'io perche' in effetti il lago non l'ho mai visto) e poi ci si addentra nelle colline del Wisconsin. Verso sera si entra nel Minnesota e, costeggiando il corso del Mississipi, arrivo (orami col buio) nelle Twin Cities: Minneapolis e St Paul. Per tutto questo tragitto ho notato, piacevolmente, che la qualita' di marcia ha raggiunto, sulla linea di dorsale est-ovest della BNSF, gli standard europei (meno male, mi pregusto una notte in treno senza gli scuotimenti delle linee UP). Il materiale rotabile e' abbastanza vario, ma appartiene quasi esclusivamente alla BNSF, con pareccchie unita' ancra nei vecchi colori, tanto che dopo un po' ci si fa l'occhio ad accoppiate verde BN con livrea warbonnet della SF (e non e' certo poco...). Interessanti sono anche le unita' della SOO LINE (rosso, crema con scritta SOO a caratteri giganteschi sulle fiancate). Purtroppo non ho documentazione fotografica al riguardo (ero in fase di molta, molta stanca e un po'... demoralizzato: l'inglese del middle-west mi aveva completamente steso: non capivo un c....!), per cui se qualcuno ha da aggiungere o indicare siti dai quali si possono scaricare foto di rotabili SOO lo faccia. Oltre alla livrea, curiosa la storia del nome di questa compagnia (ora assorbita da una delle due canadesi, non ricordo pero' quale). Infatti il nome e' una storpiatura della Sault S.Marie-St. Paul. Trascorro la notte in treno ed il giorno successivo mi sveglio nel North Dakota che vuol dire solo una cosa: spazio, spazio, spazio. Mi spiego meglio: grano, grano grano, grano ... Il paesaggio si ripete in maniera molto uniforme, cosi' anche gli impianti ferroviari: siding, binario di raccordo, silos per il grano e qualche tramoggia parcheggiato. Dal punto di vista ferroviario, nulla di nuovo sino a dopo i tre quarti del montana, quando si arriva ad Havre, cittadina che porta questo nome non in onore al porto alla foce della Senna, ma per ricordare una curiosa disputa avvenuta nel secolo scorso: tanto cursiosa che non la ricordo (se qualcuno vuole farsi avanti ...). Io, infatti, ad Havre avevo altro da vedere: questa cittadina (meno di 6.000 abitanti) e' la sede delle officine della ex Great Northern, per cui mi sono fatto quattro passi per i marciapiedi, alla ricerca di qualcosa di interessante. Ho notato che nello scalo vengono ancora usati gli switcher, nuovi tramoggia (in orribile colore marrone: quelli della BNSF hanno fatto un corso accelerato presso le FS?) ed ho assistito ad una parte del rifornimento di una coppia di BN-SF (se aspettavo tutto il rifornimento il treno partiva senza me!).
Risalito sull'Empire Builder mi sono goduto l'assalto alle montagne. Qui un piccolo suggerimento: per chi ancora non ha avuto la fortuna di farsi un giro sul Bernina e programma un giro nelle ferrovie degli states (penso, se sono ottimista, uno o due dei lettori della lista), faccia prima il secondo: potra' cosi' credere al "conductor" che gli racconta che non esiste linea di montagna piu' bella al mondo e tante altre cose. Sinceramente le montagne del Montana mi hanno deluso: l'unica persona entusiasta, fra un gruppetto di europei che aveva fatto comunella, e' stata una ragazza inglese di Stockton (dice niente questo nome?), per forza, viste le montagne inglesi... Decisamente non entusiasta, ma emozionato dal pensiero delle distanze e del deserto (parlando di esseri umani) della zona, mi sono sistemato per la seconda notte sull' Empire Builder (che avrebbero potuto chiamare The Grain Meteor o via di questo passo, rende molto meglio l'idea!).

 

Parte 12

Sull'Empire Builder, complice il viaggio ormai alla fine, il binario posato in maniera decente, il posto a fianco del mio libero, mi sono visto a malapena l'attacco alle montagne del Montana. Rapito immediatamente da un "salutare" sonno mi sono perso il taglio del convoglio a Spokane, per risvegliarmi la mattina successiva sulle sponde del Columbia River, sulla sponda di destra per la precisione, dove serpeggia la linea della BNSF in discesa verso Portland. La sponda di destra e' nello stato di Washington, mentre quella di sinistra nell'Oregon. Le differenze non finiscono ovviamente qui: quella di sinistra appartiene alla UP, che vi instrata fior di convogli merci "hot spot" di intermodali. Si tratta di un paradiso per gli appassionati, anche se la mia "guida", ritornato a S.F., mi ha detto che e' sempre in agguato la legge dell'appassionato di treni: si e' soliti aspettare qualche ora su di una sponda, prendere il primo ponte vinti dalla disperazione perche' non si vede un asse, andare sull'altra sponda (in senso geografico e basta!) e "godersi" da lontano lo sfilare di una serie di convogli (della serie: i dispatchers sono senza cuore ...). In effetti i convogli sull'altra sponda si vedono da lontano: il Columbia River non e' altro che una sequenza di laghi artificiali, per cui da una sponda all'altra ci sono almeno (misurazione ad occhio di miope, cioe' io) 500 metri. Mi sono anch'io goduto un colorato manifest scendere il corso del Columbia River alla stessa nostra velocita': ero un po' sconcertato dal fatto, ma almeno non potevano fermarci per dargli la precedenza. Le due sponde sono collegate di tanto in tanto da ponti ferroviari (lift bridges) mobili, con una disposizione "da plastico": alle estremita' i ponti si biforcano e formano il piu' classico dei triangoli (ferroviari!). Paesaggisticamente il corso medio (quello alto neanche me lo sono ... sognato) del Columbia River e' un po' squallidino: assomiglia molto di piu' ad un fiume nel deserto che ad un fiume che attraversa una delle zone che pensavo (evidentemente a torto), fosse una delle piu' verdi degli Usa. Scendendo verso il Pacifico le cose migliorano e, in effetti, Portland si e' rivelata una citta' decisamente "verde" e, per quanto visto e mangiato, vivibile. Ho avuto anche la fortuna di incontrare a Portland L'American Orient Express, che non sono pero' riuscito a fotografare da vicino: l'accesso ai binari di stazione e' consentito solo quando e' gia' giunto il treno che, ovviamente, appena giunto, mi ha nascosto dalla vista l'A.O.E.

 

Parte 13

Bene, perso l'A.O.E. (non c'era stato proprio modo di accedere ai binari di stazione, ho chiesto ma il personale Amtrak si e' dimostrato inflessibile come quando non si usa l'apposito sgabellino nelle operazioni di salita e discesa dalle carrozze), ho preso per la seconda volta il Coast Starlight, questa volta diretto a sud. Il paesaggio arido della discesa del Columbia River e' ora decisamente mutato: la campagna si rivela rigogliosa ed il Coast Starlight viaggia praticamente in un tunnel di vegetazione. Dopo Eugene si imbocca la Cascade Line, completata nel 1926 in affiancamento alla Siskiyou Line, molto piu' tortuosa ed acclive. Veramente bella la salita al Cascade Summit, che offre in piu' di un'occasione la vista della valle sottostante con i binari sui quali si e' appena transitati. Come nella migliore tradizione SP, la linea e' a binario unico, con frequenti siding. la pendenza massima e' del 2,2% (se non ricordo male!). L'imbrunire mi ha colto subito dopo il Cascade Summit, per cui non mi sono potuto godere il passaggio da Klamath Falls (da cui partiva, verso est per congiungersi con l'Overland Route, la Modoc Line, che ora e' chiusa al traffico. E' l'ultima notte che trascorro sul treno e mi trovo a contare le notti di viaggio: una in autobus e stazione di servizio, una nel Texas ed una in Arizona (in treno), una sulla Overland Route ad est di Winnemucca, una (incidente di percorso ...?) sulla panchina della sala d'aspetto di Denver Union Station, meta' notte nell'Illinois prima di entrare a Chicago, una nel Minnesota ed una fra Montana, Idaho e Washington State. A questo punto del viaggio la mia schiena ha acquistato una mobilita' tale da consentirmi di dormire "di pancia" sui sedili reclinabili, ma i dolori del risveglio non sono poi tanto ... elastici. Mi risveglio ormai passato Roseville Yard, in vista di Sacramento. Scorre velocemente il passaggio della pianura californiana, sino al ponte sull'estuario del Sacramento River (altro lift bridge) e poi, sulla sponda est della baia di San Francisco, il treno serpeggia sino ad arrivare ad Emeryville. Durante questo tragitto (circa un'ora) ho assistito ad una cosa che impressiona noi "mediterranei": la marea che si ritirava dalla Baia, forse piu' veloce del Coast Starligth! Fra Emeryville ed Oakland Jack London Station c'e' lo scalo di Oakland, con annessi binari di servizio per l'AMtrak. Infatti ci fermiamo per circa un'ora e mezza per i dovuti rifornimenti (probabilmente anche alle Ge units che trainano il convoglio) e poi ripartiamo, per percorrere circa 2 - 3 miglia e fermarci in stazione. Il viaggio in treno e' finito: ora ho a disposizione quasi tre giorni per godermi una sana e robusta dormita e la visita della Baia di San Francisco.

 

Parte 14

Arrivato ad Oakland in tarda mattinata, mi sono messo alla ricerca di un albergo "economico" (portafoglio, stomaco e schiena erano, nell'ordine, le tre cose che stavano peggio). Trovato mi sono accordato con la mia validissima "guida" per il giorno successivo e mi sono goduto una mezza giornata di liberta'. Per chi avesse occasione di capitare da quelle parti, un'oretta di sosta sulle panchine di First Street e ci si gode il passaggio di 3-4 merci e di un paio di CALTRAINS (vedere le foto all'indirizzo sopra indicato) che transitano a pochi metri dai marciapiedi, ovviamente a passo d'uomo. Sono sicuramente poco normali per noi scene in cui una AC44W viaggia parallela ad un pick-up, magari della General Motors :-). Da non perdersi, anche se esula un po' dal discorso ferroviario, il viaggio con il ferry da Oakland a San Francisco, con il passaggio sotto il Bay Bridge e l'arrivo al Pier 1, dove una volta si attestavano i ferry della S.P., che traportavano li' i passeggeri arrivati alla "vecchia" stazione di Oakland (che e' stata seriamente danneggiata nell'ultimo terremoto, se non ricordo male 1986 o giu' di li') e che non e' piu' usata (il fabbricato esiste ancora: lo si vede dal Bay Bridge. Un viaggio (ed una visita al relativo museo) sui cable car e' d'obbligo. Il sistema di funzionamento di questi mezzi e' semplice: un cavo circola sotto il piano stradale, sembre alla stessa velocita' ed e' affidato al manovratore il compito di far presa, con una ganascia posta sotto il mezzo, in modo da farsi trascinare. E' per questo motivo che i cable car non possono fermarsi in salita (e una serie di cartelli sulle strade afferenti ammoniscono del pericolo). Nei primi anni '80 questo mezzo di trasporto venne abbandonato, con la chiusura delle ultime 4 linee. Dopo vivaci battaglie, a furor di popolo, sono stati reintrodotti. In effetti si tratta di un pezzo di storia statunitense: i cable car sono la firma di San Francisco, forse ancora piu' che il Golden Gate. Gironzolato un po' per shopping, il giorno successivo ho potuto apprezzare la versatilita' dei trasporti nella baia: dopo una orrenda colazione, in preda alla tipica crisi d'astinenza di un italiano all'estero (di caffe', ovviamente, cosa stavate pensando?), mi sono preso la B.A.R.T. (Bay Area Rapid Transit, una metropolitana) e, attraverso un tunnel sotto la baia, in un quarto d'ora ero in Market Street (dove c'e' la sede della SP!), uscito mi sono preso un filobus per arrivare verso North Beach, il quartiere italiano e li' ho potuto finalmente godermi il meritato espresso! In meno di mezz'ora ero di nuovo a Oakland, dove con John Rodgers ci siamo recati a scattare qualche foto nello scalo. Dopo una giornata passata al di la' del Golden Gate (parco veramente molto bello!), sono stato "introdotto" nel club locale, situato nel cantinato di una scuola, con plastico che occupa quasi tutto lo spazio. Nel pomeriggio ero passato nel negozio locale ed ho avuto, quindi, l'occasione di provare una GP9 della LIFE LIKE in scala HO). Senza piano dei binari sotto mano, ogni cinque minuti mi trovavo a chiedere "Where is the GP9?" e quelli a ridere, ma io non scherzavo!
Con l'augurio di ritrovare presto l'amico John Rodgers ed altri appassionati californiani che si sono dimostrati molto cortesi (magari sui binari europei...), ho salutato a malincuore gli Usa, che mi hanno riservato una serie infinita di avventure (ferroviarie ....), ma prima di partire me la sono fatta spiegare la questione dei carri alla BIG TEN CURVE!

 

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