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Un viaggio di 20.000 Kilometri in treno negli USA |
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Parte 7Oltre
all'impianto di Napa Valley ho avuto occasione di vedere quello
del Diablo Valley Railroad Club: impressionante per le dimensioni
e per i dettagli. L'impianto si trova in uno stabile dedicato
delle dimensioni di una nostra palestra!. Il quadro di comando si
trova al I piano, dove e' possibile vedere solo una parte del
plastico, per cui i treni si seguono su di un pannello sinottico
luminoso posto sulla parte di fronte (grande quasi quanto la
parete di fronte).
Parte 8Truckee si trova subito a valle del Donner Pass, sulle sponde del lago Donner e, come penso tutti gli europei che hanno occasione di recarsi in aree lontano dai luoghi abitati credano, la cosa sicuramente piu' bella e' il cielo di notte! La mattina successiva siamo tornati in auto sui nostri passi percorrendo pero' la vecchia statale del Donner Pass, non la "nuova" Interstate 80. La statale corre piu' vicino alla ferrovia, anche se i binari si allontanano, addentrandosi in una valle laterale (il posto e' conosciuto come la Stanford Curve, dal nome di uno dei "magnifici 4" fondatori della Central Pacific) un po' come succede a Fleres sulla linea del Brennero. Doveroso il "pellegrinaggio" a Norden, dove guardando verso est si nota l'ingresso, preceduto da una galleria paravalanghe in legno della galleria di valico (lunga circa 2 miglia). Nonostante l'ingresso della galleria paravalanghe sia a doppio binario, in realta' la linea e' a singolo binario, come pure la galleria: il binario a sinistra e' un siding! Ai tempi del vapore esisteva a Norden una piattaforma girevole completamente coperta da una costruzione in legno paravalanghe: ora non vi e' traccia. Intorno a mezzogiorno sono giunto a Colfax, dove ho tastato con mano un'altra curiosita' tipicamente jankee dell'esercizio ferroviario: su di un tronchino dello scalo erano parcheggiati dei carri cisterna bianchi con la scritta WATER a grandi lettere ... Ho pensato a dei mezzi antincendio, ma il clima della sierra, per quanto torrido, non credo richieda simili interventi: ne e' riprova la vegetazione lussureggiante. Interpellata la mia "guida", mi e' stato detto che sono carri tenuti sempre pieni di acqua che viene utilizzata per raffreddare, se necessario, i ceppi dei freni incandescenti dei convogli diretti ad ovest che terminano a Colfax la parte piu' ripida della discesa! Aspettando il mio California Zephir Eastbound, ho avuto l'occasione di vedere una delle rarissime apparizioni di un convoglio non UP (o Southern Pacific, o Rio Grande, o Cotton Belt) che transitano per il Donner Pass: un manifest della BNSF con in testa una AC4400W della General Electric, nuova di fabbrica (consegna aprile '98) nel nuovo schema di coloritura "heritage II", che assomiglia, ironia della sorte, allo schema del DAYLIGHT (il treno passeggeri in passato piu' prestigioso, ma gestito dalla concorrente Southern Pacific!). Il California Zephir arriva con circa 30 minuti di ritardo (avevo scommesso un ritardo maggiore!) e, una volta incarrozzato, mi godo il treno serpeggiare intorno a Cape Horn, Emigrant Gap, Yuba Pass sino su a Norden. La discesa sull'altro versante offre una stupenda vista panoramica del Donner Lake, prima di deviare verso la Stanford Curve. IL convoglio, trainato da una doppia di GE units, con il rinforzo (sempre in testa, comunque) di una B40W dell'AMTRAK, viaggia senza problemi sull'altipiano del Nevada, attraverso le citta' di Reno e Winnemucca. Se si guarda la cartina, si nota che il Donner Pass e' la via piu'diretta dalla California verso le ampie zone endoreiche del Nevada e dello Utah, ma non e' quella dal profilo altimetrico piu' favorevole: poco piu' a nord esiste un'altra via di transito: il Feather River Canjon. Le dure "trasversali" si ricongiungono proprio a Winnemucca. Prima delle mega fusioni degli anni '80 e'90, la linea del Feather River Canjon era posseduta dalla Western Pacific, mentre quella del Donner Pass dalla Southern Pacific. Ora appartengono entrambe alla UP!
Parte 9Dai piedi della
Sierra, in direzione est, la "Overland Route" della
Southern Pacific attraversa la vasta (e desolatissima) regione
della Great Basin, ovvero la vastissima (circa 600 miglia di
viaggio!) zona endoreica pressoche' desertica del nord Nevada e
dello Utah, sino a Salt Lake City. Fu proprio in questo tratto che
i lavoratori (la maggior parte cinesi) della Central Pacific
produssero il maggior sforzo, al fine di posare quanto piu'
binario fosse possibile e far guadagnare, in tal modo, alla
Central Pacific, la proprieta' dei terreni confinanti. Non inganni
il colore uniforme che si trova sulle cartine geofrafiche oppure
il nome anglosassone di Great Basin: la zona ha un profilo
altimetrico alquanto tormentato, tanto che esistevano in passato
ben 3 "helper district", ove i piu' lunghi convogli,
oltre a richiedere un sussidio di forza motrice, venivano divisi
in piu' sezioni. E' una delle zone "ferroviariamente
parlando" piu' ricche di storia del paese: proprio nello
Utah, a Promontory, venne posato l'ultimo tratto di binario della
ferrovia transcontinentale. Impressionante e' il traffico su
questa dorsale, in buona parte ancora a binario unico, soprattutto
ad est di Winnmucca, dove confluisce la linea proveniente dal
Feather River Canjon. Come al solito, il nostro convoglio Amtrak
viene inserito in uno "stuolo" di treni merci viaggianti
nella stessa direzione, quindi vi si adegua anche per velocita' e
il traggitto viene coperto con un ritardo di circa 3 ore (rilevate
la mattina presto passando per Salt Lake City). La qualita' di
marcia e' migliore che su altre tratte, segno che il binario viene
curato maggiormente che sulla transcontinentale di sud (la Sunset
Route). Bellissimi i colori del tramonto nel deserto, in contrasto
con le ombre dei rilievi ed il bianco delle distese di sale. La
mattina successiva, dopo essere transitati per Salt Lake City, si
imbocca la linea appartenuta alla Denver Rio Grande & Western,
che segue il corso del Green River fino a Grand junction e del
Colorado poi, sino ad arrivare alla linea spartiacque attraversa
da ... sotto il Moffat Tunnel. Questa linea ferroviaria,
appartenuta alla DRG&W, ora di proprieta', come tutta
l'Overland Route, della UP, e' una delle piu' tortuose di tutti
gli States: il tracciato serpeggia quasi sempre a fondovalle o si
inerpica a mezza costa fra ripide pareti di rilievi da erosione,
con multicolori roccie sedimentarie tagliate dalle acque nel corso
dei secoli: sembra di essere in un Grand Canjon in "miniatura",
ma l'impressione e' sempre comunque maestosa! Mano a mano si sale
verso il Moffat Tunnel, il tempo peggiora e con esso anche il
ritardo del nostro treno: mi viene spiegato che sotto la pioggia
sono frequenti i piccoli smottamenti (sliding rocks) per cui si e'
costretti a viaggiare a vista. Il Moffat tunnel, realizzato negli
anni 20, ha parecchio accorciato (circa 25 miglia) il percorso
verso Denver dalle localita' turistiche che si trovano sul
versante del fiume Colorado (Aspen, Winter Park, Cold Springs, -
che fantasia ste' americani!) e d'inverno la linea viene
abitualmente percorsa da treni speciali). Denver e' ormai vicina,
ma non ho evidentemente fatto i conti con il traffico della linea,
il limitato numero di sidings (e' pur sempre una linea di montagna
e, i tratti di doppio binario erano rari anche in pianura ...) e
le condizioni metereologiche che peggiorano, per cui la discesa
verso l'altipiano (con fantastica veduta dei ripidi versanti del
Sapporo Canjon) avviene a passo d'uomo. Prima di arrivare
sull'altipiano la ferrovia, allo sbocco della valle, compie due
complete curve di 180 gradi per guadagnare quota: le curve sono
due e la localita', probabilmente molto amata dai feramatori
statunitensi (che forse esagerano, ma solo di tanto in tanto ...)
viene chiama TEN CURVES! Misteri d'oltreoceano a parte, una
curiosita' ed uno stupendo spunto modellistico mi sono arrivati
dalla visione di una mezza dozzina di tramogge della DRG&W,
poste all'interno della curva piu' alta, fuori dal binario e
riempite di sabbia! Ho atteso circa 10 giorni per sapere cosa
fossero!
Parte 10OK, vedo che
nessuno ha avanzato ipotesi sulla strana sistemazione di carri
tramoggia pieni di sabbia all'interno di una delle "ten
curves" sulla ex linea Denver Rio Grande & Western del
Moffat Tunnel, appena fuori Denver. Del resto anch'io ho dovuto
aspettare qualche giorno prima di saperlo ... Ebbene, alla fine
della discesa dal Moffat Tunnel, si entra a Denver. Secondo
l'orario Amtrak avrei dovuto arrivare a Denver (alla Union
Station) intorno alle 7.30 di sera, ma verso la mezzanotte eravamo
ancora fermi nello scalo merci. Il motivo della sosta nello scalo
merci ci e' stato quasi subito svelato: alla stazione di Denver si
accede con una manovra di ... regresso. I treni passeggeri diretti
ad est si fermano nello scalo, ed invertono la marcia entrando in
stazione con la coda, ovviamente dopo aver lasciato transitare sui
binari adiacenti una mezza dozzina di "unit coal trains",
che se ne sfilano a passo d'uomo (ma sono lungi anche 130/150
carri!) Arrivato in stazione a Denver, mi sono dovuto preoccupare
di fare le prenotazioni per il giorno dopo (un attimo di panico:
il treno per Chicago era dato per sold out, solo una telefonata al
Supervisor di Amtrak mi ha levato dai casini ...) e, sistemata la
prima rogna, ho dovuto cercare di sistemarne una seconda. Ero in
contatto con una cara amica di Denver, che avrebbe dovuto
ospitarmi per la notte, ma complice il grave ritardo accumulato,
non me la sono sentita di tirarla giu' dal letto in piena notte,
cosi' me ne sono andato in Downtown (a Denver la stazione e'
davvero molto vicina al centro, ma e' inutile perche' vi partono
due treni al giorno: uno diretto ad est ed uno diretto ad ovest.
Durante la stagione invernale si puo' assistere a qualche corsa di
treni speciali, ma in numero di 2/3 al giorno!). Nonostante tutto
negli Stati Uniti le cose si risolvono (forse solo grazie alla
mancia promessa al taxista) e sono riuscito a trovare un
albergo...decente. Trascorsa una bella giornata nell'aria tersa di
Denver, verso sera si e' scatenato il diluvio: black out
dell'elettricita', strade allagate e quant'altro. Mi reco in
stazione in tempo per il check in (circa alle 7 di sera) e trovo
che tutto sommato si e' animata: sono almeno 200 i viaggiatori che
partono insieme a me per la Wind City. Ma manca il ... treno! Ci
viene spiegato (a questo punto del viaggio comincio a capire gli
annunci al volo!) che l' EASTBOUND CALIFORNIA ZEPHIR e' stato
fermato prima del Moffat Tunnel e verra' fatto precedere da alcuni
treni merci, esistendo il serio pericolo di caduta massi. Una
notte sulle panchine di legno della Union Station di Denver non e'
certo quanto mi aspettassi da Denver (inserita nell'itinerario
solo per un motivo ...) e mi ha un po' smorzato la poesia per il
proseguio del viaggio. Intorno alle 5.30 di mattina arrivano le
troupe delle TV locali per documentare la situazione, con tanto di
interviste (anche a me!) di gente appena svegliata (o appena
appisolata) che rispondeva in modo non proprio affabile! Da noi ci
si lamenta quanto un treno ritarda di qualche quarto d'ora: in
proporzione avremmo dovuto mettere in scena una sommossa popolare!
Un po' intontito lascio Denver in treno la mattina presto (circa
le 6.30) diretto verso Chicago. Il viaggio, sui binari della BNSF,
e' abbastanza confortevole, come pure sembrano, dopo un prolungato
contatto con il legno delle panchine del salone della Union
Staion, le poltrone reclinabili della coach class. L'arrivo a
Chicago e' previsto per le 15.00 del pomeriggio: a quell'ora non
siamo ancora entrati nell'ILLINOIS! Si arriva a Chicago intorno
alle 2 di notte e veniamo ricevuti nella Travel Lodge della Union
Station di Chicago e rinfocillati (hot dogs e pepsi, lo raccomando
a quell'ora). Faccio notare che dopo una notte passata sulle
panchine della stazione di Denver e 12 ore di ritardo forse
meritiamo di piu'. La mia vena polemica viene premiata perche' i
viaggiatori piu' "caldi" vengono fatti accomodare in una
saletta e smistati, a spese dell'Amtrak, in diversi alberghi di
Chicago: sono fortunato e me ne capita uno sul lungolago che
sicuramente e' costato all'Amtrak per una notte piu' dei 425
dollari del biglietto di tutto il mio viaggio!
Parte 11Ci eravamo
lasciati a Chicago, dove ho gironzolato un giorno per la downtown
e, alla fine, ho dovuto comprarmi una cartina per tornare alla
Union Station (infatti, forse complice la stanchezza, ho avuto
proprio a Chicago i problemi maggiori con l'inglese). Mi aspetta
un viaggio decisamente lungo: da Chicago a Portland (a poche
miglia dalla costa del Pacifico) sui binari ora della BNSF, in
precedenza divisi fra Great Northern, Spokane Portland &
Seattle e Northern Pacific. Queste ferrovie erano possedute da un
unico magnate (Railroad titan lo definisce "trains"):
James J. Hill (1838-1916), figura classica dell'americano che si
e' fatto da se': da giovane lascio' il Wisconsin per addentrarsi
nella giungla della Chicago di meta' ottocento e fiutare il
business del nuovo mezzo di trasporto. Tutta questa chiaccchierata
per arrivare al soprannome che gli affibiarono: Empire Builder
(=costruttore di imperi - economici, ovviamente, stiamo parlando
di statunitensi!). La stima verso questo personaggio (anche se i
biografi dicono che alcune manovre non sono state fra le piu'
chiare e corrette) e' sopravvissuta ai decenni ed il treno che
collega Chicago con le sponde del Pacifico (e' infatti composto di
due sezioni: una diretta a Portland ed una a Seattle che viaggiano
agganciate sino a Spokane) e' chiamato EMPIRE BUILDER.
Parte 12Sull'Empire Builder, complice il viaggio ormai alla fine, il binario posato in maniera decente, il posto a fianco del mio libero, mi sono visto a malapena l'attacco alle montagne del Montana. Rapito immediatamente da un "salutare" sonno mi sono perso il taglio del convoglio a Spokane, per risvegliarmi la mattina successiva sulle sponde del Columbia River, sulla sponda di destra per la precisione, dove serpeggia la linea della BNSF in discesa verso Portland. La sponda di destra e' nello stato di Washington, mentre quella di sinistra nell'Oregon. Le differenze non finiscono ovviamente qui: quella di sinistra appartiene alla UP, che vi instrata fior di convogli merci "hot spot" di intermodali. Si tratta di un paradiso per gli appassionati, anche se la mia "guida", ritornato a S.F., mi ha detto che e' sempre in agguato la legge dell'appassionato di treni: si e' soliti aspettare qualche ora su di una sponda, prendere il primo ponte vinti dalla disperazione perche' non si vede un asse, andare sull'altra sponda (in senso geografico e basta!) e "godersi" da lontano lo sfilare di una serie di convogli (della serie: i dispatchers sono senza cuore ...). In effetti i convogli sull'altra sponda si vedono da lontano: il Columbia River non e' altro che una sequenza di laghi artificiali, per cui da una sponda all'altra ci sono almeno (misurazione ad occhio di miope, cioe' io) 500 metri. Mi sono anch'io goduto un colorato manifest scendere il corso del Columbia River alla stessa nostra velocita': ero un po' sconcertato dal fatto, ma almeno non potevano fermarci per dargli la precedenza. Le due sponde sono collegate di tanto in tanto da ponti ferroviari (lift bridges) mobili, con una disposizione "da plastico": alle estremita' i ponti si biforcano e formano il piu' classico dei triangoli (ferroviari!). Paesaggisticamente il corso medio (quello alto neanche me lo sono ... sognato) del Columbia River e' un po' squallidino: assomiglia molto di piu' ad un fiume nel deserto che ad un fiume che attraversa una delle zone che pensavo (evidentemente a torto), fosse una delle piu' verdi degli Usa. Scendendo verso il Pacifico le cose migliorano e, in effetti, Portland si e' rivelata una citta' decisamente "verde" e, per quanto visto e mangiato, vivibile. Ho avuto anche la fortuna di incontrare a Portland L'American Orient Express, che non sono pero' riuscito a fotografare da vicino: l'accesso ai binari di stazione e' consentito solo quando e' gia' giunto il treno che, ovviamente, appena giunto, mi ha nascosto dalla vista l'A.O.E.
Parte 13Bene, perso l'A.O.E. (non c'era stato proprio modo di accedere ai binari di stazione, ho chiesto ma il personale Amtrak si e' dimostrato inflessibile come quando non si usa l'apposito sgabellino nelle operazioni di salita e discesa dalle carrozze), ho preso per la seconda volta il Coast Starlight, questa volta diretto a sud. Il paesaggio arido della discesa del Columbia River e' ora decisamente mutato: la campagna si rivela rigogliosa ed il Coast Starlight viaggia praticamente in un tunnel di vegetazione. Dopo Eugene si imbocca la Cascade Line, completata nel 1926 in affiancamento alla Siskiyou Line, molto piu' tortuosa ed acclive. Veramente bella la salita al Cascade Summit, che offre in piu' di un'occasione la vista della valle sottostante con i binari sui quali si e' appena transitati. Come nella migliore tradizione SP, la linea e' a binario unico, con frequenti siding. la pendenza massima e' del 2,2% (se non ricordo male!). L'imbrunire mi ha colto subito dopo il Cascade Summit, per cui non mi sono potuto godere il passaggio da Klamath Falls (da cui partiva, verso est per congiungersi con l'Overland Route, la Modoc Line, che ora e' chiusa al traffico. E' l'ultima notte che trascorro sul treno e mi trovo a contare le notti di viaggio: una in autobus e stazione di servizio, una nel Texas ed una in Arizona (in treno), una sulla Overland Route ad est di Winnemucca, una (incidente di percorso ...?) sulla panchina della sala d'aspetto di Denver Union Station, meta' notte nell'Illinois prima di entrare a Chicago, una nel Minnesota ed una fra Montana, Idaho e Washington State. A questo punto del viaggio la mia schiena ha acquistato una mobilita' tale da consentirmi di dormire "di pancia" sui sedili reclinabili, ma i dolori del risveglio non sono poi tanto ... elastici. Mi risveglio ormai passato Roseville Yard, in vista di Sacramento. Scorre velocemente il passaggio della pianura californiana, sino al ponte sull'estuario del Sacramento River (altro lift bridge) e poi, sulla sponda est della baia di San Francisco, il treno serpeggia sino ad arrivare ad Emeryville. Durante questo tragitto (circa un'ora) ho assistito ad una cosa che impressiona noi "mediterranei": la marea che si ritirava dalla Baia, forse piu' veloce del Coast Starligth! Fra Emeryville ed Oakland Jack London Station c'e' lo scalo di Oakland, con annessi binari di servizio per l'AMtrak. Infatti ci fermiamo per circa un'ora e mezza per i dovuti rifornimenti (probabilmente anche alle Ge units che trainano il convoglio) e poi ripartiamo, per percorrere circa 2 - 3 miglia e fermarci in stazione. Il viaggio in treno e' finito: ora ho a disposizione quasi tre giorni per godermi una sana e robusta dormita e la visita della Baia di San Francisco.
Parte 14Arrivato ad
Oakland in tarda mattinata, mi sono messo alla ricerca di un
albergo "economico" (portafoglio, stomaco e schiena
erano, nell'ordine, le tre cose che stavano peggio). Trovato mi
sono accordato con la mia validissima "guida" per il
giorno successivo e mi sono goduto una mezza giornata di liberta'.
Per chi avesse occasione di capitare da quelle parti, un'oretta di
sosta sulle panchine di First Street e ci si gode il passaggio di
3-4 merci e di un paio di CALTRAINS (vedere le foto all'indirizzo
sopra indicato) che transitano a pochi metri dai marciapiedi,
ovviamente a passo d'uomo. Sono sicuramente poco normali per noi
scene in cui una AC44W viaggia parallela ad un pick-up, magari
della General Motors :-). Da non perdersi, anche se esula un po'
dal discorso ferroviario, il viaggio con il ferry da Oakland a San
Francisco, con il passaggio sotto il Bay Bridge e l'arrivo al Pier
1, dove una volta si attestavano i ferry della S.P., che
traportavano li' i passeggeri arrivati alla "vecchia"
stazione di Oakland (che e' stata seriamente danneggiata
nell'ultimo terremoto, se non ricordo male 1986 o giu' di li') e
che non e' piu' usata (il fabbricato esiste ancora: lo si vede dal
Bay Bridge. Un viaggio (ed una visita al relativo museo) sui cable
car e' d'obbligo. Il sistema di funzionamento di questi mezzi e'
semplice: un cavo circola sotto il piano stradale, sembre alla
stessa velocita' ed e' affidato al manovratore il compito di far
presa, con una ganascia posta sotto il mezzo, in modo da farsi
trascinare. E' per questo motivo che i cable car non possono
fermarsi in salita (e una serie di cartelli sulle strade afferenti
ammoniscono del pericolo). Nei primi anni '80 questo mezzo di
trasporto venne abbandonato, con la chiusura delle ultime 4 linee.
Dopo vivaci battaglie, a furor di popolo, sono stati reintrodotti.
In effetti si tratta di un pezzo di storia statunitense: i cable
car sono la firma di San Francisco, forse ancora piu' che il
Golden Gate. Gironzolato un po' per shopping, il giorno successivo
ho potuto apprezzare la versatilita' dei trasporti nella baia:
dopo una orrenda colazione, in preda alla tipica crisi d'astinenza
di un italiano all'estero (di caffe', ovviamente, cosa stavate
pensando?), mi sono preso la B.A.R.T. (Bay Area Rapid Transit, una
metropolitana) e, attraverso un tunnel sotto la baia, in un quarto
d'ora ero in Market Street (dove c'e' la sede della SP!), uscito
mi sono preso un filobus per arrivare verso North Beach, il
quartiere italiano e li' ho potuto finalmente godermi il meritato
espresso! In meno di mezz'ora ero di nuovo a Oakland, dove con
John Rodgers ci siamo recati a scattare qualche foto nello scalo.
Dopo una giornata passata al di la' del Golden Gate (parco
veramente molto bello!), sono stato "introdotto" nel
club locale, situato nel cantinato di una scuola, con plastico che
occupa quasi tutto lo spazio. Nel pomeriggio ero passato nel
negozio locale ed ho avuto, quindi, l'occasione di provare una GP9
della LIFE LIKE in scala HO). Senza piano dei binari sotto mano,
ogni cinque minuti mi trovavo a chiedere "Where is the GP9?"
e quelli a ridere, ma io non scherzavo!
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